Roma, 13 aprile 2021 – “Da anni i Consorzi di bonifica ed irrigazione sono impegnati nella produzione di energia rinnovabile anche solare, contribuendo al raggiungimento del fabbisogno nazionale, ma soprattutto con l’obbiettivo di migliorare i bilanci degli enti, diminuendo l’onere contributivo a carico dei consorziati ed incrementando così anche la redditività delle imprese agricole. Il tutto senza occupare terreni coltivabili, ma utilizzando le superfici degli impianti idraulici”: è con questo esempio che Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), si schiera così contro la possibile proliferazione di “campi solari” a terra in una battaglia, che vede impegnati larghi settori dell’opinione pubblica, nel merito ricorda presa di posizione di Federconsumatori. “La nostra –continua il Presidente di ANBI – non è solo una battaglia di principio, ma una concreta scelta di efficienza.”
Attualmente sono 76 gli impianti fotovoltaici, gestiti da Consorzi di bonifica ed irrigazione, capaci di produrre circa 2 milioni di kilowattora all’anno; a ciò vanno aggiunti 244 impianti idroelettrici, che annualmente producono 495 milioni di kilowattora; sono quantitativi certo non risolutivi del fabbisogno energetico “green” del Paese, ma contribuiscono, in una logica di sostenibilità, all’economia del settore agroalimentare, che vale 538 miliardi di euro e garantisce 3.600.000 posti di lavoro.
“Inoltre – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – la ricerca applicata, sviluppata dai Consorzi di bonifica ed irrigazione, ha portato alla sperimentazione dei pannelli solari galleggianti, utilizzabili sia in piccoli bacini aziendali che su porzioni di grandi superfici lacustri. I test ne hanno confermato la funzionalità, registrando come la minore esposizione al sole, conseguenza della posizione orizzontale dei pannelli appoggiati su una superficie idrica, sia compensata dalla maggiore rifrazione e dal minore surriscaldamento, dovuti alla vicinanza con l’acqua; senza contare – conclude il DG di ANBI – l’annullamento dell’impatto visivo, così penalizzante la bellezza del territorio italiano.”