E’ l’apporto di sostanza organica in terreni ormai impoveriti, una delle nuove frontiere della ricerca promossa da ANBI.
Roma, 16 novembre 2020 – Per iniziativa dei Consorzi di bonifica della Burana e dell’Emilia Centrale, un progetto di calibro europeo è in corso sull’ Appennino emiliano tra le province di Parma, Reggio Emilia e Modena; si chiama Life AgriCOlture e coinvolge 15 aziende impegnate a verificare come, attraverso buone pratiche (regimazioni idrauliche, miglioramento della foraggicoltura e della gestione della sostanza organica nel settore zootecnico) sia possibile contenere i costi di produzione e stoccare l’anidride carbonica nel terreno, garantendo una più efficace azione di difesa del suolo. “E’ una sfida importante, che coinvolge anche Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano e Centro Ricerche Produzioni Animali, nell’ambito della transizione ecologica europea, di cui devono essere protagoniste le aziende agricole unitamente a cittadini, istituzioni, mondo produttivo. Da tempo – precisa Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – siamo impegnati nella ricerca di soluzioni per arricchire i terreni con sostanza organica, utile anche a trattenere le acque di pioggia; suoli impoveriti e crescente desertificazione sono fenomeni conclamati in alcune zone del Paese, contribuendo all’abbandono dei terreni agricoli.” L’incremento della sostanza organica nei terreni, attraverso l’impiego di tecniche agronomiche sostenibili, è fondamentale non solo per la fertilità, ma anche per valorizzazione del paesaggio e la salvaguardia idrogeologica del territorio; per questo, il Consorzio di bonifica Veneto Orientale, insieme all’Università di Padova, è impegnato nel progetto sperimentale TerritoriBio (Territori e Reti Rurali per Innovazioni Tecniche e Organizzative Rivolte a Imprese Biologiche) finalizzato a promuovere un’agricoltura 4.0 a partire dai fabbisogni riscontrati in aziende agricole, sia biologiche che convenzionali, presenti sui Colli Euganei e nel veneziano. In questo quadro, grandi sono le potenzialità delle colture di copertura, meglio note come “cover crops”, seminate nei periodi, in cui il terreno non sta ospitando colture da reddito ed utili ad aumentare i servizi ecosistemici, promossi dall’agricoltura a servizio dell’ambiente. L’attività in corso sta analizzando l’effetto dell’apporto di differenti matrici organiche e dell’impiego di “cover crops” sulla capacità di ritenzione idrica del terreno, volano fondamentale nell’ assorbimento delle acque in eccesso. Allo stesso tempo, trattenere le acque consente di aumentare la riserva idrica nei suoli, migliorando la capacità di resistenza delle coltivazioni ai periodi di scarse precipitazioni. Obbiettivo della ricerca è quindi individuare nuovi sistemi di gestione agronomica con evidenti esternalità verso la tutela del territorio e la salvaguardia ambientale. “Numeri alla mano – afferma Maurizio Borin, docente all’Ateneo patavino – è dimostrato come un piccolo incremento di sostanza organica su scala planetaria possa avere effetti considerevoli in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici.” “Progetti come Life AgriCOlture e SOILBANK – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – testimoniano il concreto impegno dei Consorzi di bonifica ed irrigazione, attraverso la ricerca, nella sfida ai cambiamenti climatici, cruciali per il futuro del Pianeta.”