Franco Dalle Vacche: “Ma servono strategie su più fronti per non mettere ulteriormente in pericolo acqua potabile, irrigua, terreni e aziende”
Ferrara, 27 agosto 2020 – Sono praticamente dimezzate rispetto alla media le portate del fiume Po che mercoledì faceva rilevare 689 metri cubi al secondo a Pontelagoscuro. Restano comunque migliori dello scorso anno ma oltre ad un problema di siccità, di effetti del cambio climatico con piogge estremamente forti a macchia di leopardo, vi è un altro importante effetto da non sottovalutare. “Negli ultimi 20 anni l’acqua salata del mare è riuscita a risalire di quasi 30 km nelle foci deltizie, in particolare nei rami secondari, che per quanto riguarda il ferrarese sono il Po di Goro ed il Po di Volano. Entrando nell’entroterra mette a rischio migliaia di ettari e le aziende agricole che operano sul territorio estense verso la costa, a causa della presenza di maggiori valori di salinita’ sia nelle acque necessarie per l’irrigazione, che in quelle di falda altrettanto importanti. Saremo al fianco del Consorzio Cer nel suo importante progetto di studio ma occorre mettere in campo altre azioni”. A porre all’attenzione questo delicato argomento è Franco Dalle Vacche, Presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara che da tempo concorre con altri protagonisti ,in particolare con i vicini Consorzi di bonifica rodigini, cercando di fare tutto il possibile per tenere vivo l’interesse sul tema. “La risalita dell’acqua salata, detta cuneo salino, nei rami del Delta del Po è un grande problema che viene accentuato dalla siccità e da una regimazione non regolare. Contamina le falde e nelle situazioni più gravi, rende l’acqua inservibile a fini potabili e per l’irrigazione di terreni, che, peraltro, essendo caratterizzati dalla forte componente sabbiosa, facilitano l’infiltrazione di acqua salata – spiega Dalle Vacche – si tratta di una minaccia molto significativa che da sempre è oggetto di intervento del Consorzio che attenziona 40 km di zona costiera, dal Po di Goro alla foce del Reno. Contrastiamo la salificazione dei terreni immettendo acqua dolce, prelevata e veicolata dai nostri impianti e canali permettendo la diluizione della salinità. Opera che in particolare è svolta dai canali di gronda realizzati paralleli alla costa, nei quali immettiamo acqua dolce creando una barriera naturale che favorisce la vita della flora naturale e la produzione agricola di questi areali costieri. Senza quest’azione costante, zone come il Bosco della Mesola o le pinete verso i lidi sarebbero scomparse ma anche gli importantissimi vivai della zona non potrebbero conservarsi”. A questo ora si aggiunge il progetto internazionale “Reservoir” per una gestione sostenibile delle acque sotterranee, programma gestito dal Cer e del quale il Consorzio è partner attivo, con l’obiettivo del monitoraggio del fenomeno nella zona del comacchiese. Il Consorzio di bonifica pianura di Ferrara conferma così il suo ruolo centrale a servizio di un territorio affascinante, ma idraulicamente difficile. “Il cuneo salino è certamente favorito dai cambiamenti climatici, dall’innalzamento del livello del mare ma anche dall’abbassamento del livello del suolo, dovuto a fenomeni naturali ma anche dalle storiche estrazioni di gas – prosegue il presidente – la nostra presenza è costante per salvaguardare l’ambiente e l’economia delle aziende agricole ma per puntare ad avere risultati significativi, servirebbe davvero lavorare su più fronti realizzando barriere antisale ma anche una regimazione del Po della quale se ne discute da anni, che oltre a favorire la navigazione, lo renda meno soggetto a magre estreme, contrastando con efficacia la risalita dell’acqua salata. Nel contempo servirebbero azioni politiche per la salvaguardia della coltura del riso che con le sue pratiche colturali, è una barriera naturale contro la salinizzazione dei terreni. Purtroppo nel giro di pochissimi anni, da 11.000 ettari coltivati siamo oggi a soli 5000 ettari, una grave diminuzione causata dalle importazioni di riso da Asia sud orientale a prezzi molto bassi, mettendo fuori mercato le nostre produzioni, con il conseguente abbandono della coltura da parte degli agricoltori”