Piacenza, 3 dicembre 2019 – Al via il progetto LIFE CLAW (LIFE18 NAT/IT/000806) per la conservazione dei gamberi di fiume autoctoni della specie Austropotamobius pallipes. Il progetto, che avrà durata quinquennale, raccoglie diversi partner scientifici e non: Il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano – coordinatore del progetto – il Consorzio di Bonifica di Piacenza, Acquario di Genova-Costa Edutainment, l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Emilia Occidentale, il Comune di Fontanigorda, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, il Comune di Ottone, il Parco Naturale Regionale dell’Antola, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Università degli Studi di Pavia. L’obiettivo principale del progetto è quello di conservare e migliorare le popolazioni attuali del gambero A. pallipes in declino nell’area dell’Appennino nordoccidentale delle regioni italiane Emilia-Romagna e Liguria, attraverso un programma di conservazione a lungo termine.
Il progetto si pone come obiettivi specifici:
– creare quattro strutture di allevamento ex situ per la reintroduzione e il ripristino delle popolazioni del gambero di fiume autoctono, al fine di garantire la sopravvivenza a lungo termine di questa specie.
– proteggere e aumentare gli stock delle popolazioni di A. pallipes più significativi per la conservazione della variabilità genetica della specie nell’Appennino nordoccidentale.
– contrastare la dispersione di gamberi alloctoni invasivi e la conseguente diffusione della “peste dei gamberi” da questi veicolata, che costituisce una delle principali cause di estinzione di specie autoctone negli ecosistemi di acqua dolce, mediante la rimozione intensiva e continua delle specie alloctone invasive e la costruzione di barriere fisiche per fermarne la diffusione a monte, nelle aree dove ancora vivono i gamberi autoctoni.
– stabilire una mappa per identificare i corsi d’acqua più idonei per la sopravvivenza dei gamberi di fiume autoctoni e per promuovere il divieto del rilascio continuo di salmonidi, che alterano drasticamente l’equilibrio dell’ecosistema acquatico.
– promuovere, con una campagna di comunicazione, la conoscenza della specie e l’importanza della sua conservazione. Oltre ad aumentare la consapevolezza, il progetto punta a scoraggiare l’introduzione sconsiderata di specie alloctone invasive.
– costituire una rete tra le parti interessate e le comunità locali per la conservazione delle specie.
– elaborazione di “buone pratiche” tecniche e sviluppo di un piano strategico di conservazione concreta per i gamberi autoctoni, da trasferire in altri contesti italiani ed europei.
Durante il 1° e il 2° anno alcune azioni preliminari rafforzeranno la base di informazioni e forniranno lo studio di fattibilità, prima della reintroduzione. Sarà realizzata un’ampia indagine per aggiornare la descrizione dello stato attuale dei gamberi autoctoni e alloctoni; sia nelle specie native che invasive sarà verificata la presenza dell’agente che provoca la “peste” tra le popolazioni di gamberi; saranno identificate le popolazioni native più significative per la conservazione della variabilità genetica della specie. Allo stesso tempo, verrà progettato un piano per il controllo delle popolazioni di gamberi invasivi. Un’azione preliminare prevedrà la formazione degli operatori delle associazioni ittiche e delle guardie ecologiche volontarie, con l’obiettivo di creare un team stabile preparato a supportare i partner del progetto durante le attività di allevamento e le catture dei gamberi invasivi, per tutto il periodo del progetto e negli anni successivi. Lo sviluppo di una consapevolezza della conservazione della biodiversità nelle comunità locali è un passo fondamentale per raggiungere gli obiettivi del progetto. Le azioni concrete di conservazione saranno sviluppate nei successivi tre anni del progetto: saranno istituite quattro strutture interne ed esterne per l’allevamento dei gamberi presso i Comuni di Ottone, Fontanigorda, Corniglio e Monchio delle Corti. La prevenzione delle malattie sarà assicurata dal monitoraggio diagnostico per rilevare l’agente responsabile dell’epidemia dei gamberi, applicando tecniche di campionamento non invasive. Le azioni di conservazione in situ prevedono il potenziamento dell’habitat per aumentare la disponibilità di rifugi e la creazione di aree idonee alla riproduzione.
Situazione attuale
Le popolazioni autoctone di A. pallipes hanno subito un notevole declino negli ultimi 50 anni in Europa. In Italia il calo è stato del 74% circa negli ultimi 10 anni. Le popolazioni residue di A. pallipes sono ora confinate nelle zone sorgive, o vicine ad esse, di piccoli corsi d’acqua, dove i gamberi alloctoni non si sono ancora espansi e l’habitat è meno influenzato dalle attività umane. Per la prima volta in Italia, due popolazioni di nuova costituzione del gambero invasivo di acqua fredda Pacifastacus leniusculus (gambero della California) sono state recentemente rilevate all’interno di uno dei siti del progetto “Lago del Brugneto”, nel bacino del fiume Trebbia (1.070 km2), e ai margini del sito “Rocca dell’Adelasia”; entrambi i siti ospitano ancora alcune popolazioni residue di A. pallipes. Sebbene queste due popolazioni di gambero della California siano ancora limitate, la loro presenza rappresenta una minaccia concreta dal momento che questi animali sono caratterizzati una maggior capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali, che consente loro di colonizzare nuovi habitat, relegando il gambero di fiume in zone marginali. Inoltre, le specie alloctone più diffuse in Italia, il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) e il gambero americano (Orconectes limosus), sono presenti nei territori della Pianura del Po e rappresentano una potenziale minaccia nell’ area del progetto, in particolare nella fascia collinare. Nei dintorni del Basso Trebbia A. pallipes è scomparso di recente dall’area a causa della colonizzazione da parte di P. clarkii. Tutte e tre le specie alloctone invasive sono forti concorrenti per il gambero di fiume e portatrici della “peste dei gamberi”, che è responsabile della rapida contrazione delle popolazioni di A. pallipes. Rappresentano pertanto una delle minacce più pericolose per le specie autoctone e sono anche responsabili di danni da erosione alle sponde dei canali, dell’ostruzione di griglie poste in corrispondenze di canali intubati e di impianti e dell’occlusione di attrezzature necessarie per la gestione delle derivazioni delle acque irrigue (ad esempio paratoie).