Uno studio finalizzato a recuperare e risolvere i problemi di sicurezza idraulica del territorio modenese, ma anche ferrarese e mantovano, ricompreso negli 80 mila ettari del bacino bassa pianura e a proporre soluzioni concrete valide per i prossimi decenni.
Lo hanno presentato nei giorni scorsi in Provincia, al Presidente Graziano Pattuzzi e alla Giunta, i vertici del Consorzio di Bonifica della Burana, Leo, Scoltenna, Panaro rappresentati dal presidente Elio Molinari e dal direttore generale Gianni Chiarelli.
L’innovativo studio, condotto dal Consorzio in collaborazione con il Distart – Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Bologna – fotografa, analizza e mette a fuoco i punti più critici dal punto di vista della sicurezza idraulica e propone soluzioni per risolvere definitivamente i problemi attuali delle infrastrutture di bonifica che, nate oltre 100 anni fa, risultano in gran parte inadeguate alle mutate esigenze territoriali.
“Il Consorzio di Burana – ha ricordato il presidente Molinari – organizzerà un grande convegno pubblico a Modena il prossimo autunno per presentare la ricerca, ma ha ritenuto sin d’ora opportuno, nel reciproco interesse, illustrare in anteprima le conclusioni al presidente della Provincia e agli assessorati”. “Lo scopo – ha proseguito – è quello di rafforzare la sensibilità delle forze di governo del territorio e delle parti sociali ai problemi della bonifica e stimolare altresì la loro partecipazione fattiva e propositiva al convegno autunnale per mettere pienamente a frutto il grande impegno profuso dal Consorzio, sia sotto il profilo economico che progettuale ed operativo.
Il direttore generale Gianni Chiarelli ha spiegato che “l’impellente necessità di risanare il sistema idraulico di bonifica deriva non solo dall’invecchiamento fisiologico delle infrastrutture e dal progressivo cambiamento climatico, ma soprattutto dalla trasformazione del territorio nel corso di un secolo e dalla crescita esponenziale dell’urbanizzazione che hanno ridotto l’assorbimento dei terreni e velocizzato il deflusso delle acque – tanto che oggi basta una pioggia battente per far lanciare l’allarme alluvione”.
Di fronte a questa vera e propria emergenza – ha aggiunto – esiste la necessità di reperire fondi pubblici per intervenire e realizzare le opere indicate nello studio”.
La ricerca – che ha monitorato ogni singolo bacino di scolo verificando i punti di crisi, l’appesantimento idraulico intervenuto nel tempo, lo smaltimento delle acque e i fenomeni più significativi di piena – ha considerato due macroaree idrauliche, quella delle Acque Basse (territorio modenese, mantovano e ferrarese per 60 mila ettari) e delle Acque Alte (area solo modenese di circa 20 mila ettari).
Risultati: la rete delle acque alte è sufficientemente sicura, mentre quella delle acque basse può andare in crisi in media ogni 5/6 anni, dando luogo ad allagamenti ed esondazioni.
I possibili rimedi indicati si risolvono essenzialmente nel trattenere le acque delle zone di monte in modo da abbattere l’onda di piena attraverso la realizzazione di casse d’espansione; potenziare gli impianti di scolo; deviare lo scolo di alcuni bacini facendo confluire le acque nei collettori delle Acque Alte; adeguare la capacità di scarico dei singoli canali.
Sulla base di un’analisi costi/benefici, per assicurare il miglior grado di sicurezza idraulica del territorio occorrerebbero interventi per un’ammontare di 120 miliardi di lire.