Roma, 20 settembre 2019 – E’ stato presentato a Pavullo sul Frignano, nel modenese, il progetto comunitario Life agriCOlture, che ha lo scopo di dimostrare come l’introduzione di azioni pianificate e di un management sostenibile della risorsa suolo possano contribuire a realizzare o mantenere sistemi agro-ambientali a salvaguardia del carbonio organico del suolo (SOC) in aree montane dell’Appennino emiliano, soggette a degrado. Saranno così valutati e implementati strumenti di contabilizzazione dei flussi di carbonio, usati a livello aziendale e territoriale, testando anche uno strumento di governance locale, che remuneri i servizi ecosistemici, erogati alla società dalla figura dell’ “agricoltore custode del suolo”. L’obbiettivo è di contribuire a realizzare un sistema agro-ambientale capace di aumentare, dove carenti e conservare, dove presenti, le riserve di carbonio. “Noi siamo costantemente impegnati nel migliorare la resilienza dei territori di fronte ai cambiamenti climatici, ma non posso esimermi dall’esternare tutta la nostra preoccupazione di fronte all’analisi dei dati diffusi in questi giorni” commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). Infatti, secondo le prime stime rese note dall’Istituto Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (I.S.P.R.A.), l’Italia, negli ultimi sei anni, ha perso superfici in grado di assicurare lo stoccaggio di 2 milioni di tonnellate di carbonio e l’infiltrazione di oltre 250 milioni di metri cubi d’acqua piovana, aumentando il pericolo idrogeologico e depauperando la potenziale ricarica delle falde idriche nel sottosuolo. Ciò incrementa anche il rischio desertificazione, che è ritenuto in atto, quando la sostanza organica presente nel suolo è inferiore all’1%, mentre generalmente arriva fino al 4% grazie al ciclo biologico dei vegetali, che necessitano, però, di 500 chilogrammi d’ acqua per produrre un chilo di sostanza organica. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.) indica che le aree a rischio desertificazione in Sicilia sono ormai il 70%, nel Molise il 58%, in Puglia il 57%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30% ed il 50% dei suoli disponibili. L’Italia è anche il Paese europeo più esposto all’erosione del suolo, causata dall’estremizzazione degli eventi atmosferici ; il Joint Research Center dell’Unione Europea segnala che le violente precipitazioni hanno più probabilità di causare conseguenze idrogeologiche nelle regioni mediterranee ed alpine piuttosto che nel Nord Europa e l’Italia emerge nella cartografia del rischio. In base ai dati I.S.P.R.A., nel nostro Paese, le frane sono circa 620.000, interessanti il 7,9% della Penisola; tale percentuale sale al 16,6% (il 100% dei territori di Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria), se si aggiungono le aree a pericolosità idraulica media; più di 5 milioni di persone e circa 79.000 aziende operano in aree ad elevato rischio frana, mentre circa 9 milioni di persone e 576.000 imprese si trovano in aree a rischio alluvionale. In questo preoccupante quadro, non si arresta comunque il consumo di suolo soprattutto all’interno delle città italiane: il monitoraggio del territorio italiano realizzato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente segna la perdita di altri 51 chilometri quadrati di superficie artificiale solo nel 2018, in media 14 ettari al giorno, al ritmo di 2 metri quadrati ogni secondo! Il Veneto è la regione con gli incrementi maggiori (+923 ettari), seguita da Lombardia e Puglia mentre, rapportato alla popolazione residente, il valore più alto si riscontra in Basilicata (+ mq. 2,80 x abitante ) davanti ad Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia. Il consumo di suolo, non sempre abusivo, cresce incredibilmente anche nelle aree protette (+108 ettari nell’ultimo anno), nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1074 ettari), in quelle a pericolosità idraulica media (+673 ettari) e da frana (+350 ettari) e nelle zone a pericolosità sismica (+1803 ettari).
“Di fronte a questi dati – insiste il Presidente ANBI – è urgente che la legge contro il consumo del suolo riprenda un positivo iter parlamentare.”
Proprio mercoledì scorso, il Parlamento Europeo ha approvato l’assegnazione di 277,2 milioni di euro all’Italia, dal Fondo di solidarietà UE, per il forte maltempo dell’autunno 2018, quando quasi tutte le regioni italiane furono colpite da fenomeni meteorologici estremi, che causarono decine di morti oltre a frane ed alluvioni con gravi ricadute economiche.
Una prima stima delle aree minacciate è stata realizzata dall’ISPRA per valutare la distanza, che ci separa dall’obbiettivo della Land Degradation Neutrality, previsto dall’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: dal 2012 al 2018, le aree dove il livello di degrado è aumentato coprono 800 chilometri quadrati , quelle con forme di degrado più limitato addirittura 10.000 chilometri quadrati.
L’Unione Europea ha iniziato un percorso per potere includere le attività di uso del suolo e selvicoltura (LULUCF) nel Quadro per il Clima e l’Energia al 2030. Ogni stato membro dovrà predisporre regole di contabilizzazione, nonchè produrre bilanci di emissioni e sequestri dei gas ad effetto serra (GHG) connessi alla gestione delle terre coltivate e dei pascoli.