“Gli eventi meteorici di questi giorni purtroppo confermano un copione ormai sin troppo noto: piogge consistenti e improvvise mettono in seria difficoltà l’assetto idraulico del nostro territorio e ne amplificano le criticità anziché contenerle”. Emilio Bertolini, presidente Unione Bonifiche Emilia Romagna, commenta la situazione derivata dalle fortissime piogge dei giorni scorsi che hanno causato frane e smottamenti in montagna e la piena dei principali fiumi e torrenti dell’Emilia.
“Il quadro è quello di tante altre volte, che caratterizza un cambiamento climatico con fenomeni subtropicali: precipitazioni sempre più intense e concentrate in brevi periodi intercalate a lunghi periodi di non piovosità, al limite della siccità vera e propria, e non solo nel periodo estivo. A metà settembre la quantità d’acqua presente nel terreno era prossima al livello di siccità conclamata, stato fisiologico incapace di mantenere in vita le piante. La siccità autunnale durò fino a fine ottobre. Poi dai primi di novembre l’inizio delle piogge, culminate nello scorso fine settimana in 48 ore di precipitazioni quasi ininterrotte. I terreni sono passati repentinamente alla totale saturazione idrica, con l’intera rete scolante dei Consorzi di bonifica colma ai livelli di massima piena”. Il sistema Bonifica della regione è da giorni in stato di allerta e sta rispondendo all’emergenza con la massima mobilitazione di uomini e mezzi. Tutti i grandi impianti idrovori sono in funzione perché gli elevati livelli del Po impediscono di scaricare a gravità e l’unico modo per allontanare le acque è il sollevamento meccanico. Il sistema può contare anche su un margine di sicurezza rappresentato da 35 casse di espansione per un invaso complessivo di quasi 60 milioni di metri cubi. “Da tempo parliamo del Po come del ‘grande malato’ in attesa di cure. Il grande fiume ormai si caratterizza per il suo regime torrentizio: a metà settembre il livello a Boretto viaggiava intorno ai 15 metri/slm con una portata di magra non superiore ai 6-700 m3/secondo. Ora il suo livello sfiora i 22 metri/slm con una portata di 8/9 volte superiore. A Pontelagoscuro il livello idrometrico è cresciuto in un giorno di 1 metro e in 48 ore di 3 metri”, continua Bertolini.
“E’ ormai inderogabile ripensare l’intero sistema idraulico della regione, sotto attacco su due diversi fronti: il cambiamento climatico che scarica sulla rete scolante enormi quantità d’acqua in periodi brevissimi; e l’uso del suolo che la massiccia urbanizzazione ha stravolto”. L’Emilia Romagna nel periodo 1976-2003 ha perso 8 ettari al giorno di suolo a favore di processi di urbanizzazione. Nello stesso periodo 9 ettari al giorno di aree agricole sono state abbandonate e lasciate evolvere verso ecosistemi seminaturali. L’urbanizzazione si è ’mangiata’ dal 1990 al 2003 quasi 160.000 ettari di territorio, il 7% dell’intera superficie della regione, un’area vasta quasi quanto l’intera provincia di Ravenna. E’ ormai assodato che ogni ettaro urbanizzato, considerando anche il volume della sottostante fognatura, riduca la capacità di ritenzione idrica del territorio di 500 metri cubi. “L’impermeabilizzazione del suolo, unitamente alle variazioni climatiche e alla crescente ricorrenza di eventi estremi (piogge torrenziali alternate a periodi di siccità), rendono sempre più indifeso il nostro territorio, sempre più esposto al rischio idraulico, cioè alla possibilità di allagamenti ed esondazioni”.
“Ci sono scelte non più differibili”, conclude Bertolini. “Promuovere e sviluppare politiche di accumulo e regolazione dei deflussi con una rete di medi e piccoli invasi, onde avere una disponibilità di acqua a fini civili e produttivi costante nel tempo; investire di più nella difesa del suolo e nella sicurezza del territorio, assumendo nel nuovo quadro pianificatorio proposto dal PTR (Piano territoriale regionale) il vincolo idraulico come fattore dello sviluppo urbanistico. Vale a dire che quando si progettano nuove urbanizzazioni bisogna sempre tener conto della sostenibilità idraulica degli interventi".