4 Università a confronto con portatori d’interesse chiamati dalla Bonifica Parmense confermano la necessità di un adeguamento della legge sul dmv ai mutamenti climatici e alle nuove esigenze del nostro territorio
Fidenza, 31 maggio 2018 (PR) – Quattro Atenei: Università di Parma, Cattolica Sacro Cuore di Piacenza, Politecnico di Torino e Piemonte Orientale Alessandria – rappresentate nell’occasione dai massimi esperti delle tematiche ambientali trattate – si sono incontrate e confrontate nei giorni scorsi insieme ad ARPAE, ANBI, Coldiretti, Confagricoltura, CIA e Legambiente Emilia Romagna sul tema: “Valore e Tutela dell’Acqua: il Caso DMV”. Il convegno, organizzato dal Consorzio di Bonifica Parmense e inserito nel calendario di eventi de “Maggio 2018 con la Bonifica”, si è tenuto all’interno dell’Aula Magna del nuovo plesso scolastico Magnaghi-Solari di Fidenza (PR) davanti ad una sala con oltre cento persone presenti tra studenti, tecnici e imprenditori agricoli particolarmente interessati ad approfondire un argomento poco sconosciuto ai non addetti ai lavori, ma essenziale e di straordinaria attualità e rilevanza per tutti coloro che operano o si occupano di ambiente ed economia agroalimentare. In periodi siccitosi o di vera e grave emergenza idrica (come accadde nell’estate 2017 e come accade purtroppo sempre più di frequente in conseguenza all’aumento delle temperature e all’alterazione sostanziale degli equilibri climatici globali e idrologici dei corsi d’acqua) la quantità di risorsa idrica che per legge è fissata proprio dal DMV (secondo una normativa ormai datata risalente agli anni ’90) ha il compito di consentire il mantenimento e la conservazione delle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua presente, degli habitat e più in generale della biodiversità. Un equilibrio delicato che proprio nell’ultimo decennio si è dimostrato non più adeguato ai nuovi mutamenti : i fiumi e torrenti della destra idrografica del Po (Piemonte ed Emilia-Romagna) stanno assumendo stabilmente un carattere intermittente, la frequenza di eventi estremi è sempre più elevata e le secche prolungate sono seguite da piene improvvise di breve durata che causano spesso ingenti danni alle colture tipiche del territorio. Per queste ragioni che, basandosi su analisi scientifiche sperimentali – tecniche e accademiche– (che avranno sviluppo ulteriore nei prossimi mesi), tutti i relatori intervenuti, anche se con diverse sfumature di approccio, hanno confermato una sostanziale e comune finalità di individuare un nuovo modello di pianificazione di area vasta di bacino per prepararsi per tempo a nuovi scenari climatici. La necessità che si è manifestata è quella di operare in modo concertato su un territorio più esteso rispetto a quello odierno in cui sono le singole Regioni a decidere sui provvedimenti di deroga allo stesso DMV. Provvedimenti che tengano in considerazione il mantenimento essenziale dell’habitat, aggiornate politiche di riqualificazione fluviale, attenzione alla qualità della risorsa idrica e alla ricarica delle falde e azioni concrete, anche di tipo infrastrutturale, che favoriscano la presenza costante di acqua necessaria per il sostegno al comparto agroalimentare in modo da non penalizzare oltremodo i valori produttivi dal Made in Italy della pianura Padana. In più, un dato emerso non di secondaria importanza, è quello che da un ettaro di superficie acquatica della rete di canali artificiali di bonifica si ottiene un effetto fito-depurante che sottrae al terreno circostante un quantitativo di azoto pari a 300 kg con una diminuzione e un maggior controllo sui nitrati. Negli equilibri idrologici territoriali, tra regioni sopra il fiume Po e quelle sottostanti, negli ultimi 20 anni il sistema Emilia Romagna si è guadagnato un alto livello di capacità di risparmio e impiego consapevole della risorsa. Un’attenzione riservata dalle amministrazioni che si sono succedute anche mediante gli strumenti di programmazione come il PSR, dalle tecnologie digitali avanzate come Irrinet-Irriframe di ANBI-CER dei Consorzi di Bonifica che consentono di impiegare l’acqua quando e dove serve diminuendo notevolmente gli sprechi. Il nostro territorio insomma ha investito professionalità e risorse per incrementare l’uso consapevole della risorsa, ma lo squilibrio con le aree a Nord permane e raggiungere una nuova armonizzazione a breve sarebbe fondamentale. Oltre a questo va considerato che la cementificazione eccessiva degli ultimi decenni, con conseguente impermeabilizzazione dei terreni, non ha certo favorito la conservazione dell’acqua e la speranza è che la nuova Legge sul Consumo di Suolo Zero della Regione Emilia Romagna ne diminuisca in modo considerevole l’impatto negativo. In alcuni anni le temperature registrate hanno superato di 3,6° le medie del periodo e in alcune aree le precipitazioni sono drasticamente calate fino al 65,4 in meno: in quest’ottica sarebbe fondamentale trattenere l’acqua piovana con invasi adeguati alle esigenze, limitare le perdite della rete e incrementare la conoscenza pratica dell’utilizzo dei sistemi d’irrigazione di precisione. Al convegno, aperto dal sindaco di Fidenza Andrea Massari e dalla Dirigente Scolastica del Magnaghi-Solari Luciana Rabaiotti moderato e curato dal giornalista Andrea Gavazzoli, sono intervenuti: Luigi Spinazzi (Consorzio di Bonifica Parmense), Pierluigi Viaroli (Università di Parma), Paolo Vezza (Politecnico di Torino), Marco Trevisan (Università Cattolica di Piacenza), Stefano Fenoglio (Università Piemonte Orientale Alessandria), Adriano Battilani (ANBI) Franco Zinoni (ARPAER), Alessandro Ghetti (Coldiretti Emilia Romagna), Marco Benati (Confagricoltura), Simone Basili (CIA) e Lorenzo Frattini (Legambiente Emilia Romagna) che ha inviato un dettagliato intervento scritto. L’incontro si è concluso con un monito condiviso dai presenti come percorso comune e indicato dal professor Viaroli : “Quello di cui abbiamo necessità ora non è di ricreare gli ecosistemi che esistevano 200 o 300 anni fa, ma piuttosto di creare nuovi sistemi che crediamo possano essere più adatti per una certa area per i prossimi 100-200 anni di cambiamento climatico”