Il ritrovamento, avvenuto insieme ad altri reperti di era romana, età medievale ed epoca rinascimentale, reso possibile grazie a personale consortile e operai delle imprese edili impegnati nei lavori alle condotte irrigue del sistema Naviglio (Parma/Colorno)

Parma, 22 Gennaio 2025 – Il celebre “Casouri” (noto anche come “Casalauri”), abitato di età rinascimentale citato, dalle fonti storiche, come plausibilmente ubicato nell’area di Ravadese (Parma) e che non era mai stato rinvenuto (nonostante i numerosi tentativi che storici, archeologi ed équipe di professionisti hanno effettuato nel corso delle epoche) è stato ufficialmente ritrovato: a riuscirci, tra il 2022 e il 2023, il personale della Bonifica Parmense – sotto la direzione scientifica degli archeologi Marco Podini (Soprintendenza di Parma e Piacenza) e dell’équipe di Abacus (ditta incaricata della sorveglianza dell’area) – e delle imprese edili (Dallara, Granelli, Italcondotte, Numanti & Rossi, Tirri Felice) impegnati nei lavori per il miglioramento e adeguamento funzionale delle condotte irrigue nel comprensorio del Canale Naviglio, tra Parma e Colorno.

Ad ufficializzare la notizia è stata la stessa presidente del Consorzio di bonifica, Francesca Mantelli, nel corso di un incontro (moderato dal giornalista Andrea Gavazzoli) presso l’APE Parma Museo (il centro culturale ed espositivo di Fondazione Monteparma) e che ha visto intervenire: il sindaco della Città di Parma, Michele Guerra; la Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza, Maria Luisa Laddago; e gli archeologi Cristina Anghinetti (Abacus) e Filippo Fontana (ArcheoVEA). Con loro una nutrita rappresentanza di studenti: ben 70 giovani appartenenti al Liceo Artistico Statale “Paolo Toschi” (classi 4A Teatro e 4A Architettura), all’Istituto Tecnico Tecnologico “Camillo Rondani” (classi 4C e 5C) e all’Università di Parma (Dipartimento DUSIC, Insegnamento di Archeologia Classica e Archeologia del Paesaggio), cui è stata offerta la possibilità di un’esperienza didattica unica sui reperti rinvenuti, a loro mostrati e raccontati nella seconda parte dell’incontro, durante una lezione interattiva con gli archeologi.

Tra i presenti all’evento la Vicepresidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, Barbara Lori; e i rappresentanti delle associazioni agricole. Nutrita anche la delegazione consortile, con il vicepresidente Giovanni Grasselli, il direttore generale Fabrizio Useri e i dirigenti Gabriella Olari e Daniele Scaffi, oltre ad una rappresentanza del personale di bonifica.

 

LE DICHIARAZIONI DEI RELATORI

Francesca Mantelli, presidente Bonifica Parmense: “I rilevanti ritrovamenti nell’area del sistema ‘Naviglio’ confermano ulteriormente come l’acqua abbia da sempre rivestito un ruolo strategico nello sviluppo delle sfere economiche e sociali dei territori e nella crescita delle comunità dei cittadini. Esprimo un sentito ringraziamento a tutto il personale consortile, alle imprese impegnate nel cantiere, alla Soprintendenza di Parma e Piacenza e all’archeologa Cristina Anghinetti che, con passione e competenza, ci ha seguiti e supportati in questo articolato percorso”.

Michele Guerra, sindaco di Parma: “La cura del territorio, di cui il Consorzio della Bonifica Parmense si occupa concretamente, implica anche un aspetto storico, di comprensione della verticalità del tempo e, quindi, di ciò che anche il territorio nasconde ai nostri occhi, ma che ci racconta su quanto accaduto molti anni fa. Prendersi cura delle acque e dei temi idrogeologici, naturalmente lavorando insieme alle altre intelligenze che hanno contribuito alla buona riuscita di questo intervento, è un bel messaggio da lanciare verso un’idea sistemica territoriale che porta alla valorizzazione di belle scoperte”.

Maria Luisa Laddago, soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza: “L’esecuzione dei lavori di sistemazione idraulica condotti dalla Bonifica Parmense contestualmente alle attività di sorveglianza e, in certe aree, di vere e proprie indagini archeologiche in estensione dimostra che è possibile indagare, salvaguardare, valorizzare senza per questo compromettere o ritardare eccessivamente la realizzazione dell’opera che ne ha occasionato la scoperta: tutela archeologica e sviluppo del territorio non sono necessariamente due concetti antitetici a inconciliabili”.

Cristina Anghinetti, archeologa Abacus: “La sorveglianza archeologica condotta attraversando un’ampia porzione del territorio parmense, grazie all’intervento di messa in sicurezza del sistema ‘Naviglio’, ha permesso di mettere in luce nuovi indizi sullo sviluppo di questo territorio, per un arco cronologico che dai puntuali ritrovamenti dell’età del ferro giunge fino ai nostri giorni: reperti che ci raccontano la trasformazione agricola e abitativa di questa porzione della pianura, in cui l’uomo ha sfruttato le risorse della coltivazione e dell’allevamento arrivando a produrre abbastanza plusvalore da stabilire rapporti commerciali, anche grazie a canali navigabili, con territori distanti”.

Filippo Fontana, archeologo ArcheoVea: “Il ruolo delle acque, della loro regimentazione e della loro gestione, nella formazione del paesaggio urbano ed extraurbano di Parma rappresenta un tema centrale nella comprensione della fisionomia del nostro territorio. Una storia di lungo sviluppata fra usi della risorsa idrica, come motore di sviluppo, e necessità di controllo della forza, a volte anche distruttrice, delle acque”.