OSSERVATORIO ANBI RISORSE IDRICHE. LA CRISI DEI LAGHI CENTRALI PREGIUDICA LE ECONOMIE LOCALI . IL TRADIMENTO DI NOVEMBRE: POCA PIOGGIA SULL’ITALIA, AL SUD RUBINETTI A SECCO MA ANCHE AL NORD CALANO LE RISERVE D’ACQUA. FRANCESCO VINCENZI – Presidente ANBI (Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela Territorio ed Acque Irrigue) “SPERIAMO NELLA NEVE ALTRIMENTI SARA’ UN ALTRO ANNO IDRICAMENTE COMPLESSO”
Roma, 5 dicembre 2024 – Mentre l’inverno è ormai alle porte, una larga fetta del Mezzogiorno d’Italia guarda assetato all’esaurirsi delle residue risorse idriche dopo che anche la stagione autunnale, caratterizzata perlopiù da scarse piogge, ha tradito le aspettative di una “normalizzazione meteorologica” e di una conseguente ricarica degli acquiferi.
Il caso più eclatante è quello della Sicilia, dove è scoppiato il clamoroso contrasto fra comunità ennesi e nissene per l’utilizzo della residua acqua nel bacino dell’Ancipa. Ora, secondo la Regione, il livello idrometrico si è innalzato di 6 metri con un incremento dei volumi invasati pari a quasi 500.000 metri cubi. Secondo l’Autorità di Bacino della Sicilia a godere dell’ondata di maltempo anche violento, abbattutasi su alcune zone della regione, sono stati però solo 10 dei 30 invasi dell’isola; d’altronde gli eventi atmosferici sono stati fortemente localizzati sulla costa ionica (tra Messina e Riposto, in meno di 80 chilometri, la differenza degli accumuli pluviometrici è di ben 613 millimetri!) e, su quasi la totalità delle zone interne, le precipitazioni novembrine sono state particolarmente scarse. La conseguenza è che i dati complessivi indicano un ulteriore decremento dei volumi trattenuti dalle dighe pari a quasi 2 milioni di metri cubi in una settimana, riducendo le riserve utilizzabili a soli 51,76 milioni di metri cubi.
La Sardegna, a Novembre, ha visto ridursi le scorte idriche di ulteriori 7 milioni e mezzo di metri cubi, raggiungendo il valore più basso (ml. mc.717,71) da almeno 15 anni ed i bacini trattengono complessivamente meno del 40% della capacità autorizzata. Molti territori dell’isola sono rimasti quasi “a secco”: è il caso di Posada con il bacino di Maccheronis al 14,42% e gli invasi dell’Ogliastra al 20,35% di riempimento, mentre i serbatoi dell’Alto Cixerri sono praticamente esauriti con soli mln. mc. 1,36 d’acqua residua su un totale di mln. mc. 18,80 invasabili (fonte: Autorità di bacino Regione Autonoma della Sardegna).
Altra regione in drammatica difficoltà è la Basilicata, dove il gap con il 2023 continua a crescere, attestandosi ora a –mln. mc.161,92: in totale negli invasi rimane circa il 13% della disponibilità idrica ed oltre ¼ della popolazione sta affrontando una crisi idrica senza precedenti con interruzioni superiori anche alle 30 ore nell’erogazione d’acqua potabile.
Anche la Puglia è assetata a causa delle esigue precipitazioni cadute negli scorsi 12 mesi: lo scenario è di elevata severità idrica su tutta la regione sia per il comparto potabile che irriguo; in Capitanata rimangono appena 33 milioni di metri cubi d’acqua negli invasi, quando un anno fa ne erano disponibili oltre 136!
In Abruzzo un anno di siccità ha svuotato i bacini ed il mese di novembre ha registrato un deficit pluviometrico di oltre il 43% con punta del 56% in provincia de L’Aquila; nel Chietino la sorgente Verde, deputata a dissetare i territori meridionali della regione, preoccupa per la scarsissima portata (887 litri al secondo).
“Di fronte a questi dati è logico chiedersi: quanti giorni di pioggia diffusa, ma non violenta, sarebbero necessari per riequilibrare la situazione idrica su territori inariditi e per questo anche ad aumentato rischio idrogeologico?” A porsi la domanda è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), che prosegue:” Speriamo nella neve ed in temperature, che ne permettano il mantenimento in quota per i mesi a venire; altrimenti possiamo già prevedere un’altra annata molto complessa per le disponibilità d’acqua.”
Risalendo la Penisola, nella morsa di una duratura crisi idrica continuano ad essere i due laghi dei Castelli Romani: quello di Albano è sceso di oltre mezzo metro in un anno, non riuscendo a recuperare il grave deficit neppure con l’ausilio di un autunno più piovoso del consueto; analogo discorso vale per il piccolo bacino di Nemi, che risulta deficitario di 36 centimetri rispetto ad un anno fa (l’altezza idrometrica è calata di 84 centimetri in 4 anni). Ancora molto scarso è il deflusso nel fiume Tevere, che attualmente registra una portata di 97 metri cubi al secondo contro una media mensile, che si aggira su mc/s 280; decrescenti sono i livelli dell’Aniene, mentre Fiora e Velino registrano una sostanziale invarianza.
In Umbria, dove le portate dei corsi d’acqua risultano stabili rispetto ad una settimana fa, non accenna a migliorare la condizione del lago Trasimeno, la cui altezza idrometrica si discosta in negativo di 88 centimetri da quella media mensile e di cm. 34 dal limite minimo vitale; ciò sta pregiudicando le attività delle storiche imprese ittiche del quarto lago italiano.
“Rischiano così di scomparire quelle piccole economie locali che, insieme ad ecosistemi in difficoltà per la crisi climatica, caratterizzano territori invidiatici dal mondo ed oggi in pericolo” chiosa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Molto ridotte sono le altezze idrometriche dei fiumi nelle Marche: Potenza, Esino, Sentino e Nera hanno livelli nettamente inferiori a quelli registrati nello scorso quinquennio. Le dighe trattengono complessivamente volumi idrici leggermente inferiori a 36 milioni di metri cubi, cioè oltre la metà della capacità complessiva (mln. mc. 65,32).
In Toscana, le portate dei fiumi Arno, Serchio e Sieve sono sotto i valori tipici di Dicembre, mentre l’Ombrone tocca addirittura -90% sul flusso medio mensile.
In Liguria salgono i livelli dei fiumi Entella e Vara, mentre calano quelli dell’Argentina.
Sul Nord Italia il mese di novembre è stato, in linea di massima, avaro di pioggia con conseguente riduzione delle portate fluviali.
In Valle d’Aosta calano le portate della Dora Baltea e del torrente Lys.
Sul Piemonte, dove nel mese appena trascorso sono caduti mediamente meno di 20 millimetri di pioggia, si è registrato un deficit pluviometrico dell’86% con punte fino al 99% sui bacini di Bormida, Tanaro e Residuo Tanaro; conseguentemente continuano a ridursi le portate dei fiumi, ormai stabilizzatesi sotto le medie mensili, con particolar evidenza nel Tanaro sceso al 38% della portata tipica di questo periodo (fonte: ARPA Piemonte).
In Lombardia le riserve idriche regionali si attestano ora a 1647,4 milioni di metri cubi, corrispondenti al 77% della media del periodo ed inferiori di quasi il 15% al 2023.
I livelli dei grandi laghi, fatta eccezione per il Maggiore, sono in calo con il Lario che scende al 24,1% di riempimento e l’Iseo al 38,6% (entrambi sotto media).
In Veneto si riducono i flussi idrici nei fiumi Livenza, Brenta e Piave, mentre aumentano quelli nel Muson dei Sassi.
In Emilia-Romagna le decrescenti portate dei fiumi appenninici sono oggi molto al di sotto delle medie mensili (nel romagnolo Savio scorre l’86% di acqua in meno rispetto alla norma). I bacini piacentini Molato e Mignano trattengono poco più di 10 milioni di metri cubi d’acqua.
Infine, anche i flussi del fiume Po continuano a diminuire, scendendo ovunque al di sotto dei valori medi del periodo: – 33% nell’Alessandrino, mentre il deficit registrato a Pontelagoscuro è del 20%.