ANBI: “Ad uno sguardo superficiale, l’irrigazione non solo rappresenta il principale settore di impiego dell’acqua in Italia, con una quota di prelievo che va dal 50 al 65% a seconda delle stime, ma è anche seriamente indiziato di sprecare l’acqua, utilizzandola in modo estensivo e non consapevole di quanto essa sia preziosa. A riprova di questa tesi, viene spesso sostenuto che gli utenti dell’irrigazione non pagano un prezzo adeguato, essendo il servizio sostanzialmente sussidiato dalla spesa pubblica. Indicatori come la cosiddetta “impronta ecologica idrica” (water footprint) vengono spesso utilizzati per fornire evidenza di questo. Ma è davvero così?”
A chiederlo è Antonio Massarutto, docente all’Università di Udine, intervenendo alla Conferenza Nazionale Acque Irrigue per la crescita e il lavoro, in corso di svolgimento a Roma.
“La relazione, frutto di un’indagine diretta e del contributo di discussione offerto da un gruppo di lavoro di esperti, mette in dubbio molte delle pseudo verità, che dominano il dibattito pubblico in materia di irrigazione e che influenzano pesantemente anche la percezione del ruolo e del significato dell’irrigazione nel contesto nazionale – prosegue Massarutto – L’indagine dimostra infatti:
• che il sistema dell’irrigazione collettiva recupera i propri costi a carico dei consorziati salvo eccezioni e che il contributo pubblico, confinato comunque ai nuovi investimenti, è in genere orientato ad obbiettivi di efficientamento e miglioramento della performance ambientale
• che i meccanismi di imputazione del costo ai consorziati, pur non prevedendo in genere la misurazione dei volume, sono tali da ripartire i costi in modo corretto dal punto di vista dei principi economici, e a tener conto, almeno grossolanamente, delle quantità di acqua messe a disposizione
• che il sistema irriguo usa molta acqua, ma non necessariamente la spreca: si può anzi mostrare che proprio l’irrigazione contribuisce in modo positivo al bilancio idrico, facilitando la ricarica delle falde
• che i costi di scarsità in Italia sono riferibili soprattutto a situazioni contingenti; le regole di governance, che si sono nel tempo affermate, permettono molto spesso un’efficace allocazione della risorsa in periodi di stress, pur senza utilizzare in modo esplicito gli strumenti economici
• che il sistema irriguo, essendo essenziale al fine di garantire l’esistenza stessa di un’agricoltura produttiva e orientata al mercato, rappresenta per questo anche un’importante fonte di esternalità positive.
Questo non significa che non siano necessari adattamenti e miglioramenti. Tuttavia, si sostiene la necessità di guardare al problema senza preconcetti e sulla base di indicatori meno fuorvianti. Applicata con ragionevolezza, ispirandosi in modo serio ai suoi principi (garanzia delle funzioni ecologiche) – conclude Massarutto – ma senza farsi guidare in modo rigido e preconcetto dalle sue “parole d’ordine”, la D.Q.A. rappresenta una straordinaria occasione di modernizzazione del nostro sistema di gestione delle acque.”
A chiederlo è Antonio Massarutto, docente all’Università di Udine, intervenendo alla Conferenza Nazionale Acque Irrigue per la crescita e il lavoro, in corso di svolgimento a Roma.
“La relazione, frutto di un’indagine diretta e del contributo di discussione offerto da un gruppo di lavoro di esperti, mette in dubbio molte delle pseudo verità, che dominano il dibattito pubblico in materia di irrigazione e che influenzano pesantemente anche la percezione del ruolo e del significato dell’irrigazione nel contesto nazionale – prosegue Massarutto – L’indagine dimostra infatti:
• che il sistema dell’irrigazione collettiva recupera i propri costi a carico dei consorziati salvo eccezioni e che il contributo pubblico, confinato comunque ai nuovi investimenti, è in genere orientato ad obbiettivi di efficientamento e miglioramento della performance ambientale
• che i meccanismi di imputazione del costo ai consorziati, pur non prevedendo in genere la misurazione dei volume, sono tali da ripartire i costi in modo corretto dal punto di vista dei principi economici, e a tener conto, almeno grossolanamente, delle quantità di acqua messe a disposizione
• che il sistema irriguo usa molta acqua, ma non necessariamente la spreca: si può anzi mostrare che proprio l’irrigazione contribuisce in modo positivo al bilancio idrico, facilitando la ricarica delle falde
• che i costi di scarsità in Italia sono riferibili soprattutto a situazioni contingenti; le regole di governance, che si sono nel tempo affermate, permettono molto spesso un’efficace allocazione della risorsa in periodi di stress, pur senza utilizzare in modo esplicito gli strumenti economici
• che il sistema irriguo, essendo essenziale al fine di garantire l’esistenza stessa di un’agricoltura produttiva e orientata al mercato, rappresenta per questo anche un’importante fonte di esternalità positive.
Questo non significa che non siano necessari adattamenti e miglioramenti. Tuttavia, si sostiene la necessità di guardare al problema senza preconcetti e sulla base di indicatori meno fuorvianti. Applicata con ragionevolezza, ispirandosi in modo serio ai suoi principi (garanzia delle funzioni ecologiche) – conclude Massarutto – ma senza farsi guidare in modo rigido e preconcetto dalle sue “parole d’ordine”, la D.Q.A. rappresenta una straordinaria occasione di modernizzazione del nostro sistema di gestione delle acque.”