L’ITALIA IN BALIA DELLA CRISI CLIMATICA: AL SUD, È ANCORA ALLARME PER LE PIOGGE ABBONDANTI. AL NORD IL TORRENTE PO È UNA COPERTA IDRICA TROPPO CORTA: SE IL DELTA SORRIDE, A MONTE SI SOFFRE
Roma, 1 dicembre 2022 – Mentre il Sud è di nuovo in allarme per annunciate e copiose piogge, è l’immagine del “torrente” Po a caratterizzare il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche: ormai simile ad una fiumara, il cui alveo si riempie solo quando piove a monte, il più lungo corso d’acqua italiano sta registrando una parziale ripresa di portata in concomitanza con l’arrivo degli apporti idrici, dovuti alle precipitazioni registrate in Piemonte e Lombardia: così, se a Pontelagoscuro il livello dell’idrometro si alza, a Cremona il terreno torna a fendersi per l’aridità. Complessivamente la portata non raggiunge il 40% della media mensile!
“Il caso del Po, dalla cui disponibilità idrica dipende molta parte della produzione agricola italiana, deve essere tempestivamente affrontato in una logica unitaria, prevenendo i rischi di ulteriori stagioni siccitose – indica Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – E’ chiaro che ci sono ancora i margini, perché le condizioni meteo risolvano la contingente situazione di sofferenza, ma è altrettanto palese che quella del fiume Po è una crisi, che si sta consolidando e per rispondere alla quale bisogna agire subito.”
Clamoroso è il confronto fra grandi invasi in questa Italia idricamente rovesciata; il Meridione ha bacini traboccanti, al Nord invece i livelli dei laghi sono in costante diminuzione e le percentuali di riempimento sono in linea con quelle della stagione estiva: il lago di Garda, cioè il più importante bacino italiano, tocca il minimo storico del 1985, mentre il lago Maggiore ci si avvicina e sembra destinato a superarlo entro breve, qualora le condizioni climatiche non dovessero mutare significativamente. La conseguenza è che stanti le attuali condizioni, i deflussi lacustri devono necessariamente ridursi con evidenti riflessi sulla rete idraulica del bacino padano.
“E’ sempre più evidente la necessità di infrastrutture calmieratrici di eventi meteo estremizzati: dal Piano Laghetti al completamento degli schemi idrici, dalle casse di espansione all’ottimizzazione della distribuzione d’acqua – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – L’Italia deve riprendere la regia del proprio destino idrologico, oggi in balia degli eventi, contrastando e mitigando le conseguenze di una crisi climatica, cui sta pagando un alto prezzo in termini economici, ma soprattutto di prospettive di vita.”
Esemplare è la situazione del Veneto dove, dopo un Ottobre senza significative precipitazioni, nella prima quindicina di Novembre sono caduti 43 millimetri di pioggia contro una media storica mensile di mm.136, permanendo un grave deficit in un periodo generalmente importante per la ricarica degli acquiferi (fonte: Arpav); in particolare sui bacini dei fiumi Piave e Sile, nonché sulla pianura tra Livenza e Piave, si sono registrati quantitativi di pioggia, inferiori al 30% della media mensile. Le portate dei principali fiumi della regione sono prossime o addirittura già inferiori ai minimi storici: il Bacchiglione è inferiore dell’87% alla media, il Brenta si attesta a -59% e l’Adige a -40%. In questo contesto, caratterizzato anche da temperature più alte della media, le falde acquifere permangono ai minimi storici segnalandosi, in alta pianura, fino ad oltre mezzo metro sotto il minimo storico.
In Valle d’Aosta, nonostante le temperature abbiano subito un notevole calo anche a bassa quota, le precipitazioni sono scarse ed il quantitativo di neve al suolo raggiunge i 40 centimetri circa solo in Valtournanche, a Courmayeur ed a La Thuile; la portata della Dora Baltea resta sostanzialmente stabile.
Va peggio per i principali corsi d’acqua piemontesi, tutti in calo; lo testimonia il confronto tra le portate attuali e le medie mensili storiche: Stura di Lanzo al 25,4%; Tanaro al 15,14%; Sesia al 10,8%; Varaita al 22%; Stura di Demonte al 27,4%; Toce al 33,48%. Nonostante alcune nevicate sparse, torna a fare notizia la situazione del lago di Ceresole Reale, che è per buona parte ancora prosciugato e che ad oggi trattiene meno del 12% del volume idrico invasabile.
In Lombardia cala il livello del fiume Adda e si riducono ulteriormente le riserve idriche, che al momento si attestano intorno al 40% della media storica.
In Emilia Romagna rimane eccezionale la “magra” del fiume Reno, che registra un deficit di ben il 94% (!!) sulla media storica mensile, mentre calano anche le portate di Savio e Secchia.
Scendendo lungo la Penisola, i corpi idrici del Centro Italia, seppur in maniera differenziata e con un ridimensionamento nei livelli dopo gli exploit delle ultime settimane, mantengono generalmente volumi d’acqua superiori a quanto registrato nei mesi scorsi.
In Toscana sembrano essere usciti dalla condizione critica, in cui da mesi ristagnavano, i fiumi Serchio ed Ombrone, mentre l’Arno resta ancora deficitario rispetto alle medie degli anni scorsi.
I livelli dei fiumi marchigiani sono in calo, ma le recenti piogge hanno permesso l’incremento di 1 milione e mezzo di metri cubi nei volumi invasati dalle dighe regionali.
In Umbria, invece, non sono bastate le piogge novembrine per far crescere significativamente il livello del lago Trasimeno (m. -1,46), ancora lontano da quello minimo di sicurezza, fissato a m.-1,20.
Nel Lazio, dopo l’exploit della settimana scorsa, il fiume Tevere decresce di circa 1 metro a Roma, mentre l’Aniene, dopo aver toccato la portata di 52,13 metri cubi al secondo, ora si attesta intorno a mc/s 13; in netto calo è il livello del Sacco, mentre il lago di Nemi registra un’impercettibile crescita di circa 3 centimetri.
In una Campania tragicamente colpita e ad alto rischio idrogeologico, si registrano indicazioni uniformi sulla condizione dei corpi idrici (unica eccezione in controtendenza, il Sele): tra i fiumi, il Sarno è in aumento , il Volturno e presenta valori ben al di sopra delle medie dell’ultimo quadriennio, il Garigliano è in crescita; anche il lago di Conza sul fiume Ofanto presenta un incremento notevole dei volumi, così come sono in deciso aumento i livelli nei bacini del Cilento sul fiume Alento.
Dopo mesi particolarmente idroesigenti, le dighe della Basilicata hanno visto un notevolissimo incremento nei volumi invasati (circa 48 milioni di metri cubi in più) portando, in una sola settimana, il differenziale con il 2021 da -1,35 milioni di metri cubi a + 35 milioni.
In Puglia, dove l’incremento settimanale dei volumi invasati è stato di circa 26 milioni di metri cubi, i bacini trattengono 45 milioni in più dell’anno scorso e ben 85 milioni in più del 2020!
Infine, piove da una quindicina di giorni in Calabria, soprattutto sulla Sila (a Longobucco, nel cosentino, sono caduti mm. 182 ca. in 24 ore e mm. 280 in 4 giorni; a San Nicola dell’Alto, nel crotonese, mm. 124,2 in 24 ore e mm. 260 in 4 giorni), ma precipitazioni abbondanti si registrano anche lungo la costa (oltre 100 millimetri di pioggia sono caduti su Crotone e Cirò).
Piogge copiose sono registrate anche in Sicilia, dove alto è il rischio di emergenze idrogeologiche: le precipitazioni maggiori si segnalano nella parte sud-orientale dell’Isola (province di Catania, Siracusa e Ragusa), dove sono caduti in media oltre 25 millimetri di pioggia.