PIOVE SUL BAGNATO: AUMENTANO LE RISERVE IDRICHE AL SUD AL NORD LE PIOGGE RISTORANO MA NON RISOLVONO IL GRAVE DEFICIT IDRICO.
L’ANALISI DELL’OSSERVATORIO ANBI RISORSE IDRICHE
Roma, 25 novembre 2022 – Anche se la percezione è quella di un ritorno alla regolarità meteorologica delle piogge autunnali, in realtà la contingenza di corsi d’acqua e laghi nel Nord Italia resta di preoccupante sofferenza: è quanto si evince dal report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche.
In giornate da allerta meteo “rossa” in numerose zone del Paese, colpite da violenti nubifragi che solo fortunatamente non hanno avuto conseguenze più gravi, desta infatti sconcerto, la condizione dei maggiori corpi idrici del Nord Italia, dove le precipitazioni hanno avuto complessivamente minore intensità: i livelli dei grandi laghi, tutti sotto media, continuano a calare come testimoniato dalle esigue percentuali di riempimento ed il fiume Po ha portate praticamente dimezzate, scendendo addirittura al 30% della media stagionale in Piemonte, dove comunque quasi tutti i corsi d’acqua registrano decrescite, che vanno dal 30% al 50%.
In Valle d’Aosta, come in altre regioni, è caduta la prima neve: dagli 8 centimetri ad Ayas al mezzo metro di La Thuile (m. 2430 di altitudine); in contemporanea, le piogge sono state piuttosto scarse (in 7 giorni dai 3 millimetri ad Issime ai mm. 41,20 di Courmayeur) ed i fiumi sono così in calo.
In Lombardia, le piogge di questi giorni sono cadute principalmente sulla pianura (circa mm. 30), ma in montagna si registrano i primi accumuli di neve in quota: cm. 66 in Valtellina, cm. 55 sull’Adamello, cm. 87 a Lanzada (altitudine: m. 3032); è ancora in calo la portata del fiume Adda, mentre la riserva d’acqua stoccata nei bacini prealpini continua ad aggirarsi intorno al 30% della media.
In Veneto, il fiume Adige permane ai minimi del decennio, mentre incrementano i livelli di Piave e Bacchiglione; in leggera crescita è anche la Livenza, le cui condizioni restano però idricamente gravissime.
“L’analisi di questi dati conferma la gravità della crisi idrologica, che attanaglia da mesi il Nord Italia – sottolinea Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – L’arrivo di piogge e neve conforta, ma non deve distrarre, come già successo in molte occasioni, dall’imprescindibile obbiettivo di dotare il territorio di adeguate infrastrutture, capaci di capitalizzare la risorsa acqua; l’impossibilità di uscire velocemente da una situazione di deficit idrico ne è la migliore testimonianza.”
In Emilia Romagna, le portate dei fiumi appenninici sono finalmente in aumento, ad eccezione di quella del Taro. Le piogge cadute in questi giorni hanno ristorato territori, che da oltre un anno soffrono enormemente per la scarsità d’acqua: in 12 mesi, sui territori di pianura sono caduti mediamente 480 millimetri, mentre in montagna sono stati circa mm. 830.
La Toscana è stata una delle regioni maggiormente colpite da violenti nubifragi: i livelli dei corsi d’acqua sono cresciuti in maniera preoccupante, principalmente nei bacini dei fiumi Arno ed Ombrone; quest’ultimo, grazie agli apporti meteorici più consistenti, registrati nella regione (in 3 ore, a Roccastrada sono caduti oltre 100 millimetri di pioggia) e con la crescita repentina dei livelli dei propri affluenti è salito, in sole 6 ore, da una portata di circa 3 metri cubi al secondo a mc/s 318, 40 (livello: m.+3,29) nella tarda mattinata per poi arrivare a mc/s 527 nel pomeriggio. In poche ore sono cresciuti di ben 2 metri anche i livelli dei fiumi Fiora e Cecina.
Nelle Marche si è vissuta nuova paura, quando il livello del fiume Misa, tristemente noto per la recente alluvione di Senigallia, è salito a Pianello d’Ostra di m. 2,42 in poche ore; anche gli altri corsi d’acqua della regione, fatta eccezione per i bacini più a Sud, hanno registrato incrementi molto evidenti, così come i volumi idrici trattenuti dalle dighe.
In Umbria, cresce finalmente il livello del lago Trasimeno, nonchè dei fiumi Nera e Tevere, la cui portata, raggiungendo Roma, è salita di oltre 100 metri cubi al secondo in un giorno e di mc/s 235 rispetto alla settimana scorsa.
Nel Lazio, importante è anche la crescita di portata del fiume Aniene, mentre il livello del Sacco si è alzato di ben 2 metri; l’Amaseno a Fossanova è cresciuto di oltre 3 metri in 8 ore e l’invaso della diga di Corbara segna un livello superiore di oltre m.2,30 rispetto ad una settimana fa. Ancora una volta Formia è stata coperta di fango dopo aver visto cadere circa 170 millimetri di pioggia in pochi giorni.
In Abruzzo, le piogge violente, cadute sul bacino settentrionale (a Villetta Barrea cm. 154 in 24 ore, ma anche mm. 133,8 a Pescasseroli e cm. 131 ad Opi) hanno fatto scattare l’allerta per il fiume Sangro.
Un importante esempio di come infrastrutture strategiche possano evitare gravi sciagure al territorio viene dalla Campania, dove nel Cilento, una delle zone più colpite dal recente maltempo insieme all’Irpinia (su Avellino sono caduti oltre 153 millimetri di pioggia), la diga di Piano della Rocca ha assolto pienamente alla funzione calmieratrice delle piene in un territorio difficile per la morfologia dei suoli impermeabili, che favoriscono il fenomeno del ruscellamento: nonostante oltre 100 millimetri di pioggia, caduti in 24 ore (sulla località Perito si sono rovesciati 249 millimetri d’acqua in 5 giorni!), il deflusso del fiume Alento è stato controllato, limitando i disagi nei territori a valle. Al contempo i volumi idrici, trattenuti nell’invaso, hanno raggiunto in una settimana i 20 milioni di metri cubi, salendo di 12 milioni (8 in una sola giornata), andando a costituire così un’importante riserva d’acqua per le stagioni più secche. I livelli idrometrici dei principali fiumi sono in crescita (il Volturno resta, comunque, al di sotto della media del quadriennio) così come quelli del lago di Conza.
Piogge abbondanti hanno rimpinguato gli invasi della Basilicata, cresciuti di ben 41 milioni di metri cubi in una settimana, mentre nei bacini di Puglia si segnalano 8 milioni di metri cubi d’acqua in più.
Infine, anche in Sicilia si registra una buona performance degli invasi, che conservano una quantità d’acqua maggiore rispetto alla media stagionale degli scorsi 12 anni.
“Accanto al confermarsi di un’Italia idricamente capovolta, la fotografia del Meridione avvalora la scelta di dotarlo, all’epoca della Cassa del Mezzogiorno, di invasi a riempimento pluriennale, oggi diventati autentici scrigni di sostenibilità economica, sociale ed ambientale per il territorio. La loro realizzazione non fu scevra da criticità, che ancora oggi ne limitano l’operatività – ricorda Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – ma rispose ad una visione di Paese, che chiediamo di assumere al Governo ed alla classe politica recentemente eletta.”
D’altronde, da Gennaio ad Ottobre di quest’anno, l’Italia ha già registrato 254 fenomeni estremi, cioè 27% in più rispetto a quelli avvenuti nei 12 mesi del 2021 (fonte: Legambiente); sempre secondo il rapporto Città-Clima, dal 2010 al 31 Ottobre 2022 si sono verificati 1.503 eventi estremi con 780 comuni coinvolti e 279 vittime; tra le regioni più colpite: Sicilia (175), Lombardia (166), Lazio (136).