Roma, 24 febbraio 2022 – Dopo avere colpito Spagna, Portogallo ed Italia settentrionale, gli effetti contingenti del “global warming” stanno scendendo lungo l’area centrale della Penisola, evidenziandosi segnatamente lungo la dorsale tirrenica: a segnalarlo è il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche.
È importante notare – evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – come solo pochi mesi fa, analogo fenomeno si era specularmente registrato nei Balcani ed in Asia Minore, soprattutto in Turchia ed Iran, arrivando a toccare anche l’area adriatica del Bel Paese.”
Attualmente, in Toscana, sembra inarrestabile un generalizzato calo di portata in tutti i fiumi, mentre in Umbria si registra -70% nelle precipitazioni invernali.
Nel Lazio, ritorna la preoccupazione per il lago di Bracciano, il cui livello è inferiore di 26 centimetri rispetto all’anno scorso. Da inizio anno, le piogge cadute sono state esigue: a Roma, il 91,15% in meno (mm. 61,5 contro mm. 595 nel 2021), ma valori simili si registrano anche sulle altre province (sul viterbese, 44 millimetri in 3 mesi). I fiumi Liri e Sacco rimangono in sofferenza idrica ed i flussi nel Tevere sono in linea con i livelli degli inverni più siccitosi.
In Campania è soprattutto il bacino del fiume Liri-Garigliano ad essere in crisi.
Sull’Italia settentrionale, nel periodo Settembre 2021-Marzo 2022, le piogge sono calate dal 50% al 90%, con un deficit tra i 200 e 400 millimetri, accentuando un andamento “a macchia di leopardo”; l’aumento medio delle temperature varia in un range fra il grado e mezzo ed i 5 gradi centigradi con gravi ripercussioni sugli andamenti colturali e gli ecosistemi. Tali conseguenze sono destinate a accentuarsi nelle prossime settimane per l’assenza di manto nevoso sulle montagne e del conseguente apporto idrico con l’arrivo della primavera.
Fra i grandi laghi, anche il livello del Garda si prepara a scendere sotto media, dove permangono già da tempo i principali bacini lacustri settentrionali con Lario ed Iseo abbondantemente sotto lo zero idrometrico (rispettivamente al 5,9% e 7,1% del riempimento).
In Marzo, non è finora piovuto sulla Valle d’Aosta, così come sul Piemonte dove, proseguendo il negativo trend invernale, il deficit pluviometrico è indirizzato a toccare -90% con crolli nelle portate di tutti i corsi d’acqua.
Ne è simbolo massimo il Po, che registra la magra invernale più grave dei recenti 30 anni (fonte: Autorità di bacino distrettuale del fiume Po) con una portata, in Piemonte, inferiore alla metà di quanto registrato nell’ “annus horribilis” 2017 mentre, nel prosieguo verso il mare, tale deficit si attesta a -75% sulla media, toccando addirittura -35% sul minimo storico (al rilevamento di Piacenza, ma non solo).
Analogo andamento si registra in Lombardia, dove le portate dei fiumi Adda e Ticino sono al 25% della media e le riserve nivali risultano inferiori del 13,1% non alla media storica, bensì al minimo storico dal 2006 (oggi 803 milioni di metri cubi contro il precedente record negativo pari a Mmc. 924); la situazione di maggiore criticità idrica si registra nel bacino Toce-Ticino-Verbano. Se la stagione irrigua si preannuncia complicata, gravi preoccupazioni aleggiano anche sulla produzione di energia idroelettrica, penalizzata dalle scarse riserve idriche, accumulate nei bacini montani.
In Liguria, è piovuto solo 5 volte in 3 mesi e la diminuzione degli apporti pluviometrici tocca la cifra record di -83% a Cairo Montenotte, ma anche a Genova il deficit pluviometrico è pari a – 72% (fonte: Arpal).
In Veneto, il livello del fiume Adige è mediamente 35 centimetri più basso rispetto al siccitosissimo 2017; analoga è la situazione degli altri corsi d’acqua con l’altezza del Brenta inferiore di 1 metro e mezzo rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso e la Livenza, che si avvicina a – 2 metri rispetto al 2021. I volumi d’acqua trattenuti nei bacini dei fiumi Brenta, Livenza e Tagliamento sono inferiori al minimo storico.
Da 2 anni l’Emilia-Romagna soffre un’evidente crisi idrica con le portate di Trebbia, Secchia e Reno, che oggi sono ai minimi ai minimi dal 1972; fiumi allo stremo significa anche risalita del cuneo salino, che oggi ha già raggiunto i 15 chilometri dalla costa. La zona più arida resta il Ferrarese, dove negli ultimi 12 mesi sono caduti appena 392 millimetri d’acqua e neppure una goccia negli scorsi 30 giorni.
Scendendo verso Sud se, nelle Marche, i fiumi Potenza, Esino, Sentino hanno limitati cali di portata ed i livelli negli invasi restano sostanzialmente invariati, in Abruzzo le precipitazioni di Febbraio hanno continuato ad essere scarse nel Fucino (Avezzano -65,9%, Colle Roio -69.9%), dove si sono registrati anche i maggiori incrementi nelle temperature medie: 2 gradi circa.
Resta positiva, infine, la situazione delle disponibilità idriche nelle regioni meridionali dove, in una settimana, sono cresciute, in una settimana, di 4 milioni di metri cubi in Basilicata e di Mmc. 12 in Puglia.
Merita, infine, attenzione particolare, la situazione, che si sta registrando in Sicilia, i cui bacini, nonostante un inverno secco, trattengono volumi idrici ben superiori alla media del recente decennio per “merito”, però, solo delle disastrose piogge portate dall’uragano dello scorso autunno.
“Di fronte a questi dati – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – si può sicuramente parlare di crisi del sistema idraulico del Paese, evidentemente inadeguato di fronte alla tropicalizzazione del clima e dei suoi eventi atmosferici. Sono urgenti scelte politiche per fondamentali investimenti infrastrutturali sul territorio proprio nel momento, in cui le drammatiche evenienze di questo biennio, come la pandemia e l’attuale crisi bellica, dimostrano l’urgente necessità di puntare sull’autosufficienza alimentare ed energetica.”