ROMA – “L’impermeabilizzazione, cioè la cementificazione, è uno dei maggiori processi di degrado del suolo ed è un problema presente in tutta Europa, uno dei continenti più urbanizzati al mondo: si calcola che tra il 1990 e il 2006 si sia avuto un aumento delle aree di insediamento del 9% in media.”
Lo ricorda Massimo Gargano, Presidente dell’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, ma soprattutto all’indomani delle grandi alluvioni, che stanno drammaticamente colpendo vaste aree dell’Europa centrale ed alla cui popolazione (assieme alle vittime vanno ricordate le decine di migliaia di persone evacuate) esprime solidarietà.
“Sono eventi, che hanno impatto sui beni privati e collettivi, sull’industria, sull’agricoltura, sul paesaggio, sul patrimonio artistico e culturale senza considerare le implicazioni in termini psicologici ed occupazionali. Diventa quindi una priorità continentale – prosegue Gargano – limitare e compensare l’urbanizzazione del suolo, impedendo l’occupazione di altre aree verdi; al riguardo, la Commissione Europea ha pubblicato lo studio Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo, cui ha contribuito anche l’ANBI. In generale, molte delle calamità idrogeologiche sono causate da eventi meteorologici eccezionali, di cui si può ridurre l’impatto solo attraverso azioni volte a rinforzare i territori fragili, migliorando l’efficienza della manutenzione idraulica ed il funzionamento degli impianti idrovori, nonché provvedendo al consolidamento degli argini.”
Va anche ricordata la forte pressione dell’impermeabilizzazione sulle risorse idriche: un suolo può incamerare fino a 3.750 tonnellate di acqua per ettaro o circa 400 millimetri di precipitazioni; l’impermeabilizzazione riduce l’assorbimento di pioggia nel suolo, in casi estremi impedendolo completamente. L’infiltrazione di acqua piovana nei terreni, invece, fa sì che essa impieghi più tempo per raggiungere i fiumi, riducendo la portata e quindi il rischio di inondazioni.”
In Italia, il dissesto idrogeologico interessa, secondo i dati ufficiali, l’82% dei comuni; 6 milioni di persone abitano in un territorio ad alto pericolo idrogeologico e 22 milioni in zone a pericolo medio. Si calcola che 1.260.000 edifici, tra cui oltre 6.000 scuole e 531 ospedali, sono a rischio di frane ed alluvioni.
Un’analisi, compiuta dall’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale Ricerche (C.N.R,), rivela che tra il 1950 e 2012 si sono registrati 1.061 frane e 672 inondazioni. Le vittime sono state oltre 9.000 e gli sfollati o senza tetto piu’ di 700.000.
Secondo i dati ANCE-CRESME del 2012, tra il 1944 ed il 2011, il danno economico, prodotto in Italia dalle calamità naturali, supera 240 miliardi di euro, con una media di circa 3,5 miliardi di euro all’anno. Le calamità idrogeologiche hanno contribuito per circa il 25% al danno complessivo.
Lo ricorda Massimo Gargano, Presidente dell’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, ma soprattutto all’indomani delle grandi alluvioni, che stanno drammaticamente colpendo vaste aree dell’Europa centrale ed alla cui popolazione (assieme alle vittime vanno ricordate le decine di migliaia di persone evacuate) esprime solidarietà.
“Sono eventi, che hanno impatto sui beni privati e collettivi, sull’industria, sull’agricoltura, sul paesaggio, sul patrimonio artistico e culturale senza considerare le implicazioni in termini psicologici ed occupazionali. Diventa quindi una priorità continentale – prosegue Gargano – limitare e compensare l’urbanizzazione del suolo, impedendo l’occupazione di altre aree verdi; al riguardo, la Commissione Europea ha pubblicato lo studio Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo, cui ha contribuito anche l’ANBI. In generale, molte delle calamità idrogeologiche sono causate da eventi meteorologici eccezionali, di cui si può ridurre l’impatto solo attraverso azioni volte a rinforzare i territori fragili, migliorando l’efficienza della manutenzione idraulica ed il funzionamento degli impianti idrovori, nonché provvedendo al consolidamento degli argini.”
Va anche ricordata la forte pressione dell’impermeabilizzazione sulle risorse idriche: un suolo può incamerare fino a 3.750 tonnellate di acqua per ettaro o circa 400 millimetri di precipitazioni; l’impermeabilizzazione riduce l’assorbimento di pioggia nel suolo, in casi estremi impedendolo completamente. L’infiltrazione di acqua piovana nei terreni, invece, fa sì che essa impieghi più tempo per raggiungere i fiumi, riducendo la portata e quindi il rischio di inondazioni.”
In Italia, il dissesto idrogeologico interessa, secondo i dati ufficiali, l’82% dei comuni; 6 milioni di persone abitano in un territorio ad alto pericolo idrogeologico e 22 milioni in zone a pericolo medio. Si calcola che 1.260.000 edifici, tra cui oltre 6.000 scuole e 531 ospedali, sono a rischio di frane ed alluvioni.
Un’analisi, compiuta dall’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale Ricerche (C.N.R,), rivela che tra il 1950 e 2012 si sono registrati 1.061 frane e 672 inondazioni. Le vittime sono state oltre 9.000 e gli sfollati o senza tetto piu’ di 700.000.
Secondo i dati ANCE-CRESME del 2012, tra il 1944 ed il 2011, il danno economico, prodotto in Italia dalle calamità naturali, supera 240 miliardi di euro, con una media di circa 3,5 miliardi di euro all’anno. Le calamità idrogeologiche hanno contribuito per circa il 25% al danno complessivo.