Oltre 1 miliardo 359 milioni di metri cubi d’acqua distribuiti nel 2001 per un costo di oltre 17 milioni di euro; investimenti con fondi pubblici per oltre 187 milioni di euro preventivati nel 2002 e per oltre un miliardo di euro previsti nel triennio 2002-2004. Sono i dati che fotografano la realtà della bonifica in Emilia-Romagna proposti dal presidente dell’Unione regionale, Emilio Bertolini, nel presentare la seconda edizione della Settimana della Bonifica che avrà luogo dal 5 al 12 maggio prossimi in contemporanea in Emilia Romagna, Toscana e Veneto. L’iniziativa, attuata in collaborazione con tutti i Consorzi di bonifica operanti in regione, si prefigge lo scopo di rendere visibili ai cittadini, ai giovani ed agli organismi istituzionali la realtà della bonifica, l’attività dei Consorzi, gli strumenti e le risorse utilizzate nonché i risultati raggiunti nel processo di difesa del territorio e di tutela dell’ambiente.
Oltre a passeggiate ecologiche, biciclettate, concorsi fotografici, mostre, conferenze sui temi della difesa del territorio e dell’ambiente, il clou della manifestazione sarà l’apertura al pubblico di 38 impianti, vere e proprie ‘cattedrali dell’acqua’, che svolgono un ruolo di grande rilievo nella difesa del nostro territorio da alluvioni e inondazioni, oltre a garantire le risorse idriche necessarie per le esigenze irrigue della nostra agricoltura più specializzata.
La maggior parte degli impianti aperti è concentrata in provincia di Ravenna con 14 strutture visitabili, poi viene Ferrara con 10 impianti, Reggio Emilia con sei, Parma con quattro, Modena con due; Bologna e Forlì-Cesena con uno. Apriranno impianti tra i più grandi del nord Italia, come le Pilastresi a Bondeno; Codigoro, Valle Lepri e Marozzo a tutela della provincia di Ferrara; l’impianto di Mondine a Moglia capace di smaltire 50 metri cubi d’acqua al secondo, la presa di Boretto sul Po capace di sollevare 60 metri cubi d’acqua al secondo, Saiarino posto a difesa della Bassa pianura bolognese; l’impianto Standiana nel Ravennate. Molti di queste strutture, come le casse di espansione del Cavo Tresinaro (Re), del Gambellara (Ra), del Dosolo (Bo) sono anche vere e proprie oasi ecologiche con grande valore naturalistico e di difesa della biodiversità di flora e fauna.
Due esercitazioni di Protezione civile, col coinvolgimento di volontari, si svolgeranno sabato 11 maggio presso l’impianto di Bastia a Pievequinta (Fo) e presso l’impianto Bevanella a Savio di Ravenna. Sarà simulata una esondazione con interventi di svuotamento di un canale e costruzione di arginature provvisorie.
IL RUOLO DELLA BONIFICA IN EMILIA-ROMAGNA
SICUREZZA IDRAULICA
La difesa della ricca e fertile pianura emiliano romagnola dal rischio di allagamenti e inondazioni è affidata alla rete gestita dai Consorzi di bonifica, che raccoglie l’acqua e la trasporta al mare. A ciò provvedono oltre 13mila chilometri di canali e 134 impianti di sollevamento: è grazie a questa imponente mole di opere che si prevengono e si limitano i danni incalcolabili che eventi meteorologici improvvisi potrebbero arrecare non solo ai terreni agricoli, ma anche ai centri abitati, alle zone industriali e alle infrastrutture civili. Questo sistema di canali e impianti idrovori – dai costi crescenti in termini di manutenzione e funzionamento: basti pensare che alcune idrovore consumano annualmente più energia di un paese di 5.000 abitanti – è stato costruito agli inizi del secolo ed oggi risulta in gran parte insufficiente ed inadeguato a far fronte alle esigenze di un territorio radicalmente mutato per la continua crescita delle aree abitate e delle superfici impermeabilizzate come strade e fabbricati.
RISORSE IDRICHE
L’intervento della bonifica non si limita a smaltire le acque di pioggia che non vengono assorbite dal suolo, o quelle reflue dei centri abitati, ma comprende la necessità di portare l’acqua sul territorio anche dove non arriva naturalmente: in primo luogo per l’agricoltura, ma anche per altri usi igienici, ambientali e industriali. A ciò provvedono 260 impianti irrigui e 4500 km di canali di irrigazione. Il più grande serbatoio d’acqua naturale dell’Emilia-Romagna è il fiume Po, da cui si ricavano 257.000 dei 350.000 metri cubi d’acqua al secondo che i Consorzi derivano dai vari corsi d’acqua e che servono ai 500.000 ettari di territorio compresi tra Piacenza e Ferrara e ai 300.000 compresi tra Bologna e il mare, che verranno progressivamente serviti dal Canale Emiliano Romagnolo. Solo l’agricoltura assorbe da sola più del 60% della disponibilità idrica assicurata dalla bonifica. La parte restante viene utilizzata per usi igienici – come le reti fognarie urbane –, per usi ambientali – come oasi acquatiche, laghi e bacini – e per gli usi industriali. Oltre a questi utilizzi civili e produttivi, la bonifica garantisce un equilibrato rapporto tra terra e acqua riequilibrando le falde freatiche e combattendo l’abbassamento dei terreni, e tutela l’ambiente grazie alla enorme massa d’acqua movimentata soprattutto in estate e nei periodi siccitosi.
L’UNIONE REGIONALE BONIFICHE EMILIA-ROMAGNA
L’Unione regionale Bonifiche associa, oltre ai 2 Consorzi di secondo grado, i 15 Consorzi elementari i cui comprensori coprono l’intero territorio regionale che è, per legge, al 100% soggetto a bonifica. Tutta la pianura regionale (oltre un milione di ettari) è rappresentata da un territorio per nulla piatto, ma ricco di rilievi e avvallamenti che fanno sì che il 21% delle aree di pianura siano soggette a continuo sollevamento meccanico delle acque in quanto prive di scarico naturale, il 38% solo in caso di precipitazioni, mentre il restante 41% può scaricare senza sollevamento nei canali di bonifica.
L’attività dei Consorzi – enti di diritto pubblico che, nell’ambito del proprio comprensorio, realizzano interventi pubblici e privati nel settore delle opere idrauliche per la salvaguardia del territorio – si esplica sia in pianura che in montagna, consentendo in pianura, con le attuali opere, lo scolo delle acque di pioggia comprese quelle provenienti dalle reti fognarie urbane, nonché l’apporto di acque per usi agricoli, ambientali e industriali, e svolgendo in montagna un ruolo di difesa del suolo, attraverso una capillare azione di presidio e di controllo della erosione dei terreni e di regolazione dei corsi d’acqua, purtroppo condizionata dalle limitate disponibilità del finanziamento pubblico.